Sono in viaggio per Roma, dove fra poco sarò intervistato su Radio Radicale per parlare di "Dossier Hamer" - per poi correre dall'ottimo Gerardo D'Amico, su RaiNews24. Comincia il "mini-DossierHamer-tour".
Questa settimana sono atterrato in Italia per lanciare il mio libro su Hamer, la Nuova Medicina Germanica e i tanti morti che si è lasciata alle spalle. Una settimana di fuoco: dopo varie interviste, domani presenterò "Dossier Hamer" alla Libreria Notebook all'Auditorium, con Francesco Cognetti (Direttore Oncologia Medica, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e Presidente Fondazione "Insieme contro il cancro"); poi una nuova presentazione a Salerno, prima alla Feltrinelli e poi all'ospedale cittadino; poi ancora un'intervista a Roma, ed infine a Dogliani per parlare di "Mitologia della salute e false argomentazioni: l'era delle bufale" al Festival della TV e dei nuovi media.
Un mini-tour perché anche se i seguaci di Hamer pensano che alle mie spalle ci siano i miliardi di una non meglio identificata "Big Pharma", faccio tutto con le mie forze (e quelle, insostituibili, di Carmen Arzano dell'agenzia letteraria DELIA). Ed è questa una delle soddisfazioni più grandi: in queste settimane "Dossier Hamer" ha ricevuto grandi apprezzamenti da colleghi giornalisti competenti, preparati, che conoscono la materia e che quotidianamente si battono per dare un'informazione corretta alla loro audience. Un'impresa eroica, nel Paese in cui Vannoni continua ad essere idolatrato dai suoi seguaci nonostante l'ennesimo arresto.
Un Paese in cui l'opinione medica di un giornalista musicale, una soubrette d'annata o di un vecchio trombone in pensione vale quanto quella di un medico virologo, un ginecologo con il dono della divulgazione, il direttore dell'Istituto Superiore di Sanità. E capiamoci bene: un'opinione vale quanto quella di un altro solo se rimane tale, non se vuole pretendere di avere dignità di "fatto". Ma nell'era della post-verità, pare che tutti se ne stiano dimenticando.
Hamer, ad esempio, non è mai stato "oncologo e neuropsichiatra". Non era affatto "primario in Austria al momento della morte del figlio". Dopo essersi fatto asportare il suo tumore al testicolo non "ha iniziato ad aiutare gratuitamente le persone" a Roma: è fuggito dalla Germania perché inseguito dai creditori a cui non ha mai pagato i debiti. I fatti sono testimoniati dalle sentenze che Hamer ha collezionato in tutta Europa: documenti provenienti dai tribunali tedeschi, austriaci, spagnoli, che smentiscono le falsità che Hamer diceva sul suo conto.
Falsità che però vengono tranquillamente ripetute da una signora, senza alcuna preparazione medica, che su Facebook gestisce uno dei gruppi più numerosi su Hamer. Un "gruppo di studio e di verifica" chiuso, ovviamente. "Se desideri posso farti partecipe ed avrai modo di fare domande specifiche senza essere sbranato da certi personaggi," scrive. Uno di quei gruppi dove si ripetono falsità consolatorie come il fatto che la Siemens avrebbe "certificato" che gli artefatti di Hamer non sarebbero artefatti (è falso), che varie università avrebbero "avallato" le teorie di Hamer (è falso, e una di queste università non ha neanche una facoltà di medicina) e così via. Gruppi chiusi dove magari mamme disperate chiedono come curare la leucemia del proprio figlio, e vengono subissate di consigli sul lavorare sul perdono, combattere la svalutazione di sé e non fare la chemioterapia.
Ma appunto, questi vigliacchi - non c'è altro termine per definirli - si chiudono in quelli che una volta chiamavano "castelli digitali" dove danno 'solo' consigli: se poi li segui e muori è colpa tua. "Non sono una terapeuta e tanto meno curo nessuno, io studio e verifico le 5 leggi e questo non è un reato," scrive sempre questa signora che pure va in giro a fare conferenze su Hamer e scrive libri sullo stesso argomento. Certo, non è un reato: ma bisognerebbe avere una coscienza per capire i danni che semplici 'consigli' possono causare.
Perché le parole non sono mai, mai innocenti. E assumersi la responsabilità di ciò che si dice, provandolo sempre, dovrebbe essere il fondamento per una discussione civile (ed una società più giusta). Ma appunto, i vigliacchi preferiscono rinfocolarsi a vicenda la propria fede, piuttosto che avere una discussione che finirebbe inesorabilmente con lo svelare come il loro "castello digitale" è un semplice castello di carte.
Parole che hanno convinto Eleonora Bottaro, una ragazzina di 18 anni appena compiuti, a non curare la propria leucemia con la chemio ma ad affidarsi alla "Nuova Medicina Germanica". Che purtroppo, inesorabilmente, l'ha uccisa. Ora i genitori sono finiti sotto processo: si dovrà capire se hanno spinto la propria figlia a non curarsi, quando era ancora minorenne. Lino Bottaro e la moglie già si vedono come martiri, ed in fondo non c'è molto da aggiungere ad una storia tragica in cui entrambi hanno già pagato il prezzo più alto che un genitore possa pagare - e io davvero, umanamente, spero che non si rendano mai conto di quello che hanno fatto.
Ma ancora una volta, le parole hanno un peso. Si può dire che la leucemia è un "conflitto di svalutazione di sé", un "processo di rinascita", che la chemioterapia "uccide nel 98% dei casi", che la Nuova Medicina Germanica invece riesce a guarire chiunque -da qualunque 'malattia'- al 95-98%, che in realtà "la malattia è una benattia" e non va combattuta. Certo, si può dire. Ma bisogna sapere che queste parole uccidono. E rintanarsi nel "è solo un metodo diagnostico" o "io ho solo espresso la mia opinione" serve solo come ulteriore paravento per continuare a diffondere queste falsità senza assumersene le responsabilità morali.
Ed è compito di noi giornalisti, ma anche semplici persone informate che hanno a cuore un dibattito serio, pulito, razionale, far sì che le falsità non prendano piede. Senza guerre sante, senza toni polemici che servirebbero solo a polarizzare il dibattito: ma mostrando ogni volta i documenti, e chiedendo che dall'altra parte si faccia altrettanto. Si verrà accusati di qualunque nefandezza, ma questo è funzionale al fatto che queste persone devono difendere con tutti i mezzi la loro 'narrazione'. Attaccarli servirebbe solo a rinforzare il meccanismo da setta in cui si sono chiusi.
Non ho una soluzione facile ed immediata. Ma una cosa la so di sicuro: non smetterò mai di dimostrare, documenti alla mano, quello che ho scoperto e ho raccolto nel mio libro "Dossier Hamer". Seguitemi in questo viaggio.